La politica in democrazia dovrebbe realizzare la volontà popolare, le aspettative dei Popoli dovrebbero concretizzarsi con l’attività di governo degli eletti, purtroppo non è più così ed è proprio questo scollamento, questa assenza di identificazione della volontà popolare con l’attività di governo, il male da estirpare.
Se gli eletti non realizzano le aspettative degli elettori c’è da interrogarsi sul perché. Perché un politico non opera nell’interesse del popolo, di quel popolo che pur lo ha scelto ritenendolo il migliore per lo svolgimento di un così alto compito? La risposta, una delle tante che regge alla critica potrebbe essere che è mosso da un interesse personale, oppure che il sistema di potere, così com’è organizzato, gli impedisce di tener fede all’impegno assunto in sede di campagna elettorale.
Se il motivo del tradimento fosse quello della prima ipotesi, cioè l’interesse personale dell’eletto, ci troveremmo nel classico caso di umano egoismo, non giustificabile ma comprensibile, un rischio inevitabile, quindi accettabile. Altro discorso è da fare se il mancato rispetto da parte del politico degli impegni da lui assunti con l’elezione è da attribuire al sistema entro il quale egli è tenuto ad operare, sistema che di fatto potrebbe impedirgli di svolgere a pieno e liberamente l’attività per la quale è stato eletto.
Ora se analizziamo la storia della nostra Nazione dagli anni 80 ad oggi, non attraverso la ricostruzione di esperti economisti, dei governanti di allora e di oggi, tutti facenti parte della banda di traditori istituzionali, ma da semplici cittadini, da persone libere, capaci di discernere il logico dall’illogico, il giusto dall’ingiusto, l’interesse collettivo dall’interesse privato, scopriremo che, attraverso una serie di improvvide operazioni legislative che per loro natura necessitavano di modifiche Costituzionali, ovvero di consultazione referendaria, i politici hanno spogliato noi cittadini della sovranità Popolare, in assenza della quale la democrazia non può esistere.
Il tradimento dei politici operato a danno del popolo Italiano, è iniziato negli anni 80 con l’avvio di una serie di atti amministrativi e legislativi che di fatto hanno trasferito alle banche private il potere di emissione del denaro, realizzando così la schiavitù del “Signoraggio Bancario”.
Un breve escursus storico ci aiuterà a comprendere meglio quanto accaduto alla nostra Nazione in conseguenza della perdita della sovranità monetaria. Risaliremo ai personaggi politici che l’hanno ideata, probabilmente mossi sia dall’interesse personale che dalle pressioni operate su di loro, dai potenti gruppi finanziari. La breve ricostruzione storica ci permetterà di evidenziare le disastrose conseguenze economiche e sociali che si sono innescate e che tutt’ora generano l’insopportabile ingiustizia sociale, il tutto relazionato alla nostra appartenenza all’Unione Europea, con quanto ne consegue.
1981 – Nel luglio 1981 venne avviata, per decisione dell’allora Ministro del tesoro Beniamino Andreatta, la separazione consensuale fra lo Stato e la sua Banca Centrale. Da quel momento l’istituto non era più tenuto ad acquistare le obbligazioni che il governo non riusciva a piazzare sul mercato, cessando quindi la monetizzazione del debito pubblico italiano che aveva eseguito dal secondo dopoguerra fino a quel momento.
Vediamo chi c’era in carica in quel momento che avrebbe dovuto difendere la nostra sovranità monetaria invece di cederla.
Spadolini: Primo Governo
Sandro Pertini: Presidente della Repubblica
Carlo Azelio Ciampi: Governatore della Banca d’Italia
1992 – La legge del 7 febbraio 1992 n. 82, proposta dall’allora Ministro del tesoro Guido Carli, chiarisce che la decisione sul tasso di sconto è di competenza esclusiva del governatore e non deve essere più concordata di concerto con il ministro del Tesoro (il precedente decreto del presidente della Repubblica, viene modificato in relazione alla nuova legge con il DPR del 18 luglio).
Al governo c’era Giulio Andreotti, alla presidenza della Repubblica Francesco Cossiga seguito da Oscar Luigi Scalfaro, mentre al governare la Banca d’Italia, Carlo Azelio Ciampi.
1998 – Il decreto legislativo del 10 marzo 1998 n. 43 sottrae la Banca d’Italia alla gestione da parte del governo italiano, sancendo l’appartenenza della stessa al sistema europeo delle banche centrali. Da questa data quindi la quantità di moneta circolante viene decisa in autonomia dalla Banca Centrale Europea.
Al Governo c’era Romano Prodi, presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio.
1999 – Il 13 giugno 1999 il senato della Repubblica, nel corso della tredicesima Legislatura discute il disegno di legge n. 4083 “Norme sulla proprietà della Banca d’Italia e sui criteri di nomina del Consiglio superiore della Banca d’Italia”. Tale disegno di legge vorrebbe far acquisire dallo stato tutte le azioni dell’istituto, ma non viene mai approvato.
Al Governo c’era D’Alema, presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi, governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio.
Aver portato banche ed assicurazioni private nel capitale della Banca d’Italia, aver demandato alla BCE il potere di emissione e l’intera politica monetaria delle Nazioni dell’euro zona, concretizza la più grande truffa mai realizzata dalla politica a danno del popolo sovrano.
Il primo aspetto che insospettisce del modus operandi della BCE, è la sua assoluta indipendenza. La BCE è nata come banca centrale, pensata per operare in maniera indipendente dalla politica, sebbene i suoi poteri e obiettivi derivino da decisioni politiche dell’Unione e dei paesi membri della stessa, le decisioni su come tali poteri debbano essere utilizzati e sul come raggiungere gli obiettivi prefissati sono state, di fatto, delegate direttamente alla stessa BCE.
Riflessione: se eleggo qualcuno ad una carica, il quale una volta eletto, per mandato espresso, è esonerato da qualsiasi responsabilità sugli atti da lui promossi, purché commessi nello svolgimento delle proprie mansioni, persino operare contro i miei interessi, godere benefici di extraterritorialità; in presenza di un simile mandato posso ancora sostenere di avere un qualche potere su di esso? Può essere ancora definito democratico uno Stato dove l’Istituto di emissione del denaro opera in modo del tutto indipendente dalla politica, ergo dal Popolo? Se le decisioni della BCE risultassero dannose per i cittadini (in effetti è esattamente quanto avvenuto con il quantitative easing di Draghi, un fiume di miliardi che ha arricchito i soliti noti: banche, grandi gruppi commerciali ed industriali; senza apportare nessun beneficio per i comuni mortali), chi potrebbe intervenire? Può sembrare follia, ma le regole attuali che governano l’operato della BCE, rende impossibile a qualsiasi organo politico, quindi del popolo, di intervenire ovvero di dissentire, denunciare e chiedere giustizia. La BCE, per statuto, non è tenuta a pubblicare alcun commento alle proprie decisioni. Quanto pubblicato sulle proprie pagine web non può essere commentato dai cittadini, dalla stampa o da critici. Inoltre, i dettagli relativi alle riunioni degli organi decisionali della banca non sono pubblicati. La BCE ha poteri talmente ampi che vanno dall’inviolabilità delle proprie sedi, all’immunità giudiziaria, per cui i membri possono agire al di sopra delle leggi e nessuno di loro può essere perseguito quando svolgono funzioni esecutive previste dal mandato BCE.
Allo stato delle cose, nessun partito e nessun governo potrà mai tirarci fuori da una crisi voluta, nei fatti inesistente ma utile al sistema per tenere in scacco non solo la classe operaia, da sempre sfruttata, ma l’intero settore produttivo e distributivo, avendo la finanza raggiunto l’obbiettivo di appropriarsi del mercato del ceto medio. Siamo schiavi a tutti gli effetti, una schiavitù senza via d’uscita poiché chi dovrebbe tirarci fuori dal pantano è colluso con chi ci sta affondando, ed il popolo, ubriacato dalle false informazioni fornite a ritmo incessante dai mass media asserviti, non vede l’inganno e continua a vedere Draghi un benefattore, Grillo un rivoluzionario, Di Maio un bravo ragazzo, la Meloni una con le Palle, Salvini il guerriero senza paura.
Come ho più volte scritto, l’unico partito di cui ci possiamo fidare è quello che nasce dal Popolo, dal Popolo che si sveglia dal letargo, meglio se assistito dai saggi e dai dotti per riscrivere il patto sociale, il quale dovrà porre al primo punto, il controllo Statale delle banche di emissione, con totale esclusione dal capitale delle stesse di soggetti ed Istituti privati, solo così il Popolo tornerà ad essere “SOVRANO”.